Nell’ottobre del 2015 il Ministero della Sanità, Lavoro e Previdenza Sociale ha reso pubblico il documento “Le condizioni attuali delle donne lavoratrici”.
Secondo questo documento, rispetto all’anno precedente, nel 2014 il numero di donne impiegate è aumentato di 300 mila unità, arrivando a 24 milioni e 360 mila lavoratrici, e rappresentando il 43,5% del totale di 55 milioni e 950 mila lavoratori. Non è dunque esagerato dire che le donne che lavorano sono molte.
Tuttavia, analizzando la realtà delle cose, le donne che lavorano con forme di assunzione a tempo non indeterminato sono aumentate di 360 mila unità, arrivando a 13 milioni e 342 mila. Tra queste forme di assunzione non a tempo indeterminato, ci sono 10 milioni e 420 mila lavoratrici part-time oppure Arubaito (forma di rapporto lavorativo simile al cottimo con retribuzione oraria e senza contributi e assicuraizone sanitaria, NdT), 710 mila lavoratrici interinali, 1 milione 770 mila lavoratrici con contratto a tempo determinato o collaboratrici esterne. Insomma, tra tutte le lavoratrici, ben il 56,7% non ha un contratto a tempo indeterminato.
Così è vero che le donne che lavorano sono aumentate, ma siccome è aumentato anche il numero di donne che lavorano senza un contratto a tempo indeterminato, penso che ci siano tante buone leggi che le lavoratrici dovrebbero conoscere.
Prima di tutto c’è la Legge sugli Standard del Lavoro, che d’ora in avanti abbrevieremo chiamandola Legge sul Lavoro.
Questa legge è stata promulgata nell’aprile del 1947 (anno 22 dell’Era Showa), e in seguito è stata modificata più volte, arrivando fino alla forma attuale. È una legge che fissa appunto gli standard che regolano le norme legate al mondo del lavoro. Nell’articolo 27 comma 2 della Costituzione c’è scritto che “la retribuzione, gli orari di lavoro, le pause e i riposi, e gli altri standard relativi alle condizioni di lavoro, sono fissati dalla legge”, e proprio per questo la Legge sul Lavoro è stata scritta in base a questo articolo 27 della Costituzione.
Il Capitolo 6.2 della Legge sul Lavoro si intitola “Donne gravide e madri nel periodo dell’allattamento”.
In verità precedentemente si intitolava “Capitolo 6.2 - Donne”, e prevedeva delle regole che difendevano tutte le donne lavoratrici tramite limitazioni alle ore di lavoro straordinario, alle pause e ai riposi, ma nel 1999 (anno 11 dell’Era Heisei) questa norma è scomparsa, venendo sostituita e limitata alla difesa delle sole “donne gravide e madri nel periodo dell’allattamento”.
L’oggetto di questo Capitolo 6.2 sono le donne lavoratrici che hanno stipulato un contratto di lavoro. Per “lavoratore” l’articolo 9 della Legge sul Lavoro intende “indipendentemente dal tipo di impiego, una persona utilizzata in un’impresa o in un ufficio, e che viene pagata con una retribuzione ”. Perciò non ci sono differenziazioni nel nominare lavoratori part-time, arubaito, a contratto determinato o collaboratori. Tuttavia i lavoratori interinali devono presentare le loro richieste all’agenzia interinale con cui hanno inizialmente stipulato il contratto di lavoro.
Tanti anni fa, quando una donna venne nel mio ufficio e io le dissi “Quindi Lei è una lavoratrice ”, mi rispose dicendo “Io sono una part-timer, non una lavoratrice ”. Al giorno d’oggi credo che le donne che la pensano così siano pochissime, ma comunque i part-timer sono ovviamente tra i “lavoratori ” contemplati dall’articolo 9 della Legge sul Lavoro, che quindi viene applicata anche a loro.
A proposito, nel Capitolo 6.2 della Legge sul Lavoro ci sono anche i seguenti articoli:
Art. 64.3: limitazioni di lavori pericolosi e nocivi.
Art. 65 comma 1: è vietato far lavorare delle donne durante il periodo di riposo pre-parto (periodo di 6 settimane; 14 settimane in caso di parto gemellare)
Art. 65 comma 2: è vietato far lavorare delle donne durante il periodo di riposo post-parto (periodo di 8 settimane). Tuttavia, è possibile se dopo sei settimane dal parto è la donna a richiederlo.
Art. 65 comma 3: se richiesto dalla donna durante la gravidanza, essa deve essere spostata ad altre mansioni più leggere.
Art. 66 comma 1: se richiesto dalla donna gravida o in fase di allattamento, è vietato far lavorare la donna oltre le ore stabilite dall’articolo 32 (commi 2, 4 e 5).
Art. 66 comma 2: se richiesto dalla donna gravida o in fase di allattamento, è vietato far fare alla donna orari di lavoro straordinario o farla lavorare in giorni previsti come giorni di riposo, indipendentemente dagli articoli 33 e 36.
Art. 66 comma 3: se richiesto dalla donna gravida o in fase di allattamento, è vietato far lavorare la donna in orari notturni.
Art. 67: tempo di allattamento
Se vediamo cosa succede nel caso in cui un’utente non rispetti questo tipo di articoli, possiamo verificare che la Legge è molto severa.
Dall’articolo 117 della Legge sul Lavoro sono fissate le clausole penali in caso di infrazione.
Per esempio, l’articolo 119 recita: “in caso di infrazione delle regole stabilite dalle norme degli articoli dal 64.3 al 67, la legge prevede fino a 6 mesi di carcere ovvero una multa fino a 300 mila yen ”.
Ciò significa che questa Legge vuole non solo dare una responsabilità civile a chi la infrange, prevedendo dei semplici rimborsi danni monetari, ma vuole anche dare la responsabilità di chi ha commesso un vero e proprio reato penale. Oltre a questo, l’articolo 121 della Legge sul Lavoro prevede che anche se a infrangere la legge è stato un amministratore dell’azienda, anche il proprietario dell’azienda deve rispondere delle medesime responsabilità penali. Questa norma viene chiamata “Norma della pena a entrambi ”.
Dunque, se ci si chiede il motivo per cui questa Legge sul Lavoro preveda delle clausole penali, è proprio perchè ha in sè le caratteristiche previste dalle Leggi Fondamentali citate nell’articolo 27 della Costituzione del Giappone. Nell’Art. 1 comma 1 della Legge sul Lavoro, c’è scritto che “le condizioni di lavoro devono prevedere le necessità che permettano ai lavoratori una vita degna di una persona ”, e poi nell’Art. 2 c’è scritto che “gli standard delle condizioni di lavoro previsti da questa Legge sono i minimi, e le parti interessate ai rapporti di lavoro non possono abbassarli adducendo motivazioni economiche, ma devono anzi sforzarsi perchè essi migliorino”. Per rendere efficaci e far concretizzare queste idee base della Legge sul Lavoro sono state previste delle clausole penali.
Riguardo alle norme relative alle donne in stato di gravidanza o che hanno partorito ci sono anche la Legge sull’Uguaglianza (formalmente detta anche la legge che assicura pari opportunità e trattamento a uomini e donne nel campo lavorativo) e la Legge sul Riposo per la Cura e l’Assistenza dei Figli (formalmente detta anche la legge che regola il welfare del lavoratore che per curare o assistere i figli o la famiglia prende dei riposi), ma nel loro caso le clausole penali nei confronti degli utenti sono assolutamente insufficienti.
Per questo motivo è bene che tutti i lavoratori conoscano approfonditamente gli articoli della Legge sul Lavoro.
Avv. Atsumi Reiko
Trad. Lasio Diego