Sentenza del processo di torino sull'amianto 7
Leggendo i vari giornali italiani, si apprende che con la sentenza di prescrizione emessa dalla Corte di Cassazione il 19 novembre del 2014 sono state annullate tutte le sentenze di colpevolezza e tutte le provvisionali.
Fino al momento in cui sto scrivendo questo articolo, cioè il 5 dicembre del 2014, non ho potuto ancora leggere il testo delle motivazioni di questa sentenza della Corte Suprema, per cui non ne conosco il contenuto nei dettagli.
In verità in Italia le motivazioni della sentenza non vengono date nei giorni immediatamente successivi alla pronuncia della sentenza stessa. In Giappone dopo la pronuncia di una sentenza, le motivazioni vengono consegnate dopo pochi giorni in un testo scritto in copia dal Tribunale, ma in Italia non è così. Per esempio, la sentenza di primo grado del tribunale di Torino è stata emessa il 13 febbraio del 2012, ma le sue motivazioni scritte sono state rese pubbliche verso maggio, così la sentenza di secondo grado della Corte d’Appello di Torino è stata emessa il 3 giugno del 2013, ma le sue motivazioni sono state rese pubbliche a settembre. Di conseguenza si può dedurre che in Italia dopo la pronuncia di una sentenza passino circa tre mesi prima che se ne possano conoscere le motivazioni nel dettaglio.
Secondo i quotidiani italiani, già dalla sentenza del processo di primo grado del 2012 il procuratore generale aveva sostenuto con chiarezza che riteneva che il reato fosse da dichiarare prescritto, e così anche il sostituto procuratore della Suprema Corte Francesco Iacoviello aveva chiesto di dichiarare prescritto il reato di disastro ambientale doloso, dichiarando anche che “il giudice tra diritto e giustizia deve sempre scegliere il diritto. In questo caso diritto e giustizia vanno su strade opposte.”
C’è da aggiungere che nei processi di primo e di secondo grado Guariniello aveva partecipato alle udienze in veste di pubblico ministero, ma non nel processo di Cassazione. E non mi è chiaro perchè il pubblico ministero del processo di terzo grado, che aveva le stesse qualità del pubblico ministero Guariniello, abbia deciso di fare una requisitoria che differisca dalle opinioni di quest’ultimo.
A proposito, secondo le spiegazioni del difensore di parte civile delle vittime, “il massimo della pena per il reato di disastro ambientale è di 12 anni, e in questo caso la prescrizione si calcola dal 1986 (anno di fallimento della Eternit), e termina 12 anni dopo, cioè nel 1998.”
La formulazione dell’accusa da parte del Tribunale di Torino è del 2009, e la prima udienza del processo è avvenuta nel dicembre di quello stesso anno. La sentenza di primo grado è stata pronunciata nel febbraio del 2012 e quindi possiamo dire che i termini della prescrizione erano ampiamente estinti. Si può ovviamente pensare che anche il pubblico ministero Guariniello fosse pienamente consapevole di questo fatto. Però secondo me lui ha comunque continuato nella sua azione di accusa per due possibili motivi: il primo è che non pensasse che i termini della prescrizione partissero dal 1986, oppure perchè nella sua interpretazione in un caso in cui le vittime erano così tante non fosse applicabile una norma che prevedesse solo 12 anni di tempo.
E tuttavia, sia nel processo di primo grado che in quello di secondo grado, la corte aveva ritenuto che non si dovesse applicare la prescrizione, dopo averci ragionato sopra, pur sapendo che questa avesse un ruolo principale nella prosecuzione del processo stesso. Per questo motivo non si può dire con facilità che il pm Guariniello abbia fatto un errore di valutazione nel decidere di procedere nell’accusa.
Nel testo delle motivazioni della sentenza di primo grado ci sono ben 20 pagine riguardanti un capitolo che si intitola “I termini finali della prescrizione”, e anche se non mi è possibile tradurli tutti nel dettaglio, è comunque chiaro che se ne sia discusso dedicando al tema abbastanza pagine in una parte delle sentenza. Al riguardo, nella sentenza di primo grado gli articoli del codice penale che sono stati applicati agli imputati erano il 434 c.p. e il 437 c.p., che riporto qui sotto.
Art. 434 c.p.
“Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene.”
Art. 437 c.p.
“Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.”
In questi due articoli si legge la parola “disastro”, ma non capisco come mai per questo processo nei giornali si parli di “reato ambientale”, ma si può pensare che i concetti di “disastro” e “incidente” comtemplino anche la distruzione dell’ambiente e la presenza di un pericolo per la vita delle persone che da questa deriva.
Ho pensato che è molto difficile comprendere le leggi non solo italiane, ma straniere in generale.
Avv. Reiko Atsumi
Trad. Diego Lasio