Il 3 giugno 2013 a Torino è stata emanata la sentenza di secondo grado del processo sull’amianto. Questa è la sentenza di appello alla precedente sentenza del Tribunale distrettuale di Torino del 13 febbraio 2012.
Poiché le motivazioni non sono ancora state rese note, si tratta solo del dispositivo della sentenza, ma la condanna per Stephan Schmidheiny è stata addirittura allungata di due anni, passando a diciotto anni di reclusione, dai sedici della sentenza di primo grado. In primo grado gli imputati erano due, ma di recente uno di loro è deceduto. Oltre a ciò, sembra che i contenuti della sentenza siano cambiati in varie parti.
Siccome le procedure legali del processo penale differiscono parecchio tra Italia e Giappone, non posso nemmeno prevedere come proseguirà la vicenda, ma mi aspetto che gli imputati adempiano alla loro responsabilità di dover pagare il risarcimento danni in sede civile, così come indicato dalla sentenza.
A tal proposito, il procedimento di giudizio di questa causa continuerà, ma la strada che porta alla diminuzione dei danni causati dall’amianto sembra molto difficile.
Dopo la sentenza del tribunale distrettuale di Torino, il 15 marzo 2013, il quotidiano La Repubblica ha denunciato la necessità di effettuare le bonifiche dell’amianto, con un articolo che titolava: “Amianto, Italia sotto assedio, ma le bonifiche vanno a rilento. Oltre 32 milioni di tonnellate di materiale contaminato con la micidiale sostanza sono presenti pressoché ovunque, ma la legge per la rimozione e lo smaltimento resta inapplicata.”
E continua: “L’amianto è ovunque. Sui tetti, sulle rive dei fiumi, nei capannoni, nelle discariche abusive ai margini delle città, nelle fabbriche abbandonate. L’amianto è un killer silenzioso ma molto attivo. Quando si disgrega le sue fibre sottilissime penetrano nei polmoni e producono un tumore che porta la firma di questo minerale assassino: mesotelioma pleurico. La sentenza del tribunale di Torino ha chiarito le responsabilità, ma non ha potuto fermare la strage. In Francia si aspettano 100 mila morti nei prossimi venti anni, in Italia si calcola che saranno 40 mila.”
E così, il problema della rimozione dell’amianto che era stato già utilizzato in passato sembra che stia diventando molto grave anche in Italia. Ma proviamo a dare un’occhiata, ad esempio, a Firenze
Firenze è una città famosa anche per aver registrato numerosi patrimoni storici, ma avendo molti edifici vecchi, sembra che qua e là per la città si utilizzi del cemento contenente amianto. Nel 2010 uscì un articolo che denunciava la presenza di due vittime causate dall’amianto al Teatro Comunale di Firenze. Secondo il sindacato dei lavoratori del Teatro Comunale, a un elettricista di 58 anni che vi aveva lavorato dal 1972 al 2000 comparvero delle placche pleuriche, mentre a una donna che aveva lavorato dal 1989 al 1990 come aiuto macchinista furono diagnosticati un tumore alle ovaie e uno ai polmoni. Poiché queste condizioni erano continuate, questo sindacato ha dato l’allarme dicendo che c’era la necessità di avvisare del pericolo tutti quei lavoratori che erano stati esposti all’amianto prima del 1991, anno in cui fu vietato. Inoltre, secondo un quotidiano locale dell’11 agosto del 2012, l’amministrazione, dopo aver fatto un preventivo per le spese di rimozione dell’amianto presente sul tetto della grande sala del Teatro Comunale e aver svolto i lavori, da quell’autunno avrebbe riaperto il Teatro.
E ancora, nel quotidiano Il Corriere della Sera del 17 settembre del 2012 vengono spiegati i dati base in cifre, calcolati in un convegno scientifico italiano, denunciando che “l’amianto in Italia è sempre un’emergenza. Ci sono ancora 34 mila siti da bonificare”, e che “c’è la possibilità che nel periodo di picco in cui si manifesterà la malattia, compreso tra il 2015 e il 2020, ci possano essere 68 mila ammalati. 32 milioni di tonnellate sono ancora da bonificare.”
È in questo modo che in Italia si lancia l’allarme riguardante il problema della rimozione dell’amianto con continui articoli, ma in Giappone come sta andando? Io sono preoccupata.
Avvocato Atsumi Reiko
Traduzione di Diego Lasio