Questa volta vorrei presentarvi, invece di proverbi e detti, delle canzoni e delle poesie interessanti che aiutano a capire l’Italia.

  1. Questo è il fiore del partigiano morto per la libertà.

“Questa frase è il verso finale di quella famosissima canzone Bella Ciao. La parola “partigiano” indica i volontari dell’esercito irregolare che combattono per difendere la propria Patria opponendosi all’occupazione da parte degli eserciti di altri Paesi o di truppe ribelli. In spagnolo vengono chiamati “guerrilla”. Il movimento di resistenza è un tipo di “Resistance”.
Mussolini aveva fatto un patto con Hitler, ma la Germania aveva superato i limiti della crudeltà per compiere lo sterminio degli ebrei. Per contrapporsi all’esercito tedesco che era un’armata d’azione nazi-fascista, nel settembre del 1943 si è trasformato in realtà il movimento di resistenza della popolazione civile italiana.
Così nelle città, nelle montagne e nei boschi, si è aperta una cruda resistenza armata, in cui sono morti tantissimi coraggiosi partigiani.”
“Secondo alcuni dati, risulterebbe che tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945 su circa 300.000 partigiani, più di 1080 sarebbero morti sul campo di battaglia, circa 4660 sarebbero stati arrestati e torturati, e circa 2750 sarebbero stati fucilati o impiccati. Si dice che abbiano contribuito alla liberazione dell’Italia dal dominatore nazi-fascista e alla nascita della Repubblica.”
“Se si conosce la lotta dei partigiani, allora si può capire molto bene il significato della canzone Bella Ciao! A proposito, questa “Bella Ciao” è un saluto alla propria fidanzata, dato da un giovane che parte per andare a combattere e che si congeda dalla sua amata.”
“Sì, è proprio così! Mi è tornato in mente che da poco, in un programma della TV NHK, ho visto la scena di uno studente italiano che si trovava a Gaza che cantava Bella Ciao. Il titolo era “Erasmus in Gaza”, ed è il documentario che ha vinto la Ninfa D’Oro come Miglior Documentario al Festival della Teevisione di Montecarlo.
Secondo quanto c’è scritto nel testo di presentazione, “Riccardo, uno studente di medicina italiano, è andato a fare lo studente straniero presso un’università della zona di Gaza dell’Autorità Nazionale Palestinese. Questa zona dominata di fatto dall’organizzazione fondamentalista di Hamas è chiusa da un muro costruito dallo Stato di Israele che la circonda ed è chiamata “una prigione a cielo aperto”. Ma ciò che aspettava Riccardo, che si era buttato sul campo dell’emergenza medica, era un bombardamento aereo. In questa situazione orribile, si può assistere alla trasformazione di un giovane che diventa adulto mentre fa il medico.”
Riccardo era molto giù davanti a questa esperienza di una condizione così tragica, ma insieme agli amici, canta questa canzone come canto di ribellione.”
“Questa canzone è amata in tutto il mondo?”

  1. Sinnò me moro.

“Questa canzone era la colonna sonora del film italiano “Un maledetto imbroglio”, del 1959, uscito in Giappone con il titolo “L’investigatore”. Il titolo giapponese di questa canzone è “Ti amo da morire”. Questo film è molto famoso perché la protagonista è Claudia Cardinale, che aveva recitato anche nel “Gattopardo” e ne “La ragazza di Bube”.
Pare che questa canzone sia in dialetto romanesco, e che nell’italiano moderno si traduca “Se no muoio”.
“Questa canzone a quei tempi era molto famosa anche in Giappone, e siccome la cantava quella celebre cantante Noriko Awaya, tanti andavano cantando “Amore, amore, amore, amore mio!”
“Chissà se anche in Italia ci sono tutte queste canzoni in dialetto?”
“Ci sono anche molti che cantano canzoni come “O’ sole mio” o “Santa Lucia” nel vecchio dialetto napoletano.
“Quelli che cantano nell’antico dialetto hanno un certo non so che, no?”
“Questa canzone si può trovare su internet, così te la faccio vedere. Potrebbe esserti utile per studiare il dialetto romanesco, e potrebbe farti avvicinare al cinema italiano, di sicuro.”
Amore, amore, amore, amore mio,  In braccio a te, me scordo ogni dolore!
Vojo resta co’te, sinnò me moro,  Vojo resta co’te, sinnò me moro,
Vojo resta co’te, sinnò me moro

Nun piagne amore, nun piagne, amore mio!  Nun piagne, state zitto su sto core,
Ma si te fa soffrì, dimmelo pure!  Quello che m’hai da dì, dimmelo pure,
Quello che m’hai da dì, dimmelo pure

“Che bello! Voglio sentirne di più!”

  1. Che sarà della mia vita, chi lo sa?  da domani si vedrà

“Questa canzone è il brano vincitore del Festival di Sanremo del 1971, e a cantarlo è uno spagnolo, ma le parole originali sono in italiano. I primi versi sono “Paese mio che stai sulla collina”, e “paese mio, ti lascio, io vado via”, e si capisce che si tratta di una canzone che canta la tristezza di chi lascia il proprio paese natio.”
“Anche in Giappone c’è la canzone “Canto di chi lascia il paese natio”, che canta più volte “Addio, terra mia!” Siccome la cantava Peggy Hayama, la conoscono tutti! In entrambe le canzoni si racconta di quanto sia difficile e triste lasciare il proprio paese natio senza sapere cosa riserverà il futuro.”
“Però sembra che questa canzone giapponese sia stata presa dall’originale tedesca “Der lezte Abend” (L’ultima notte). Anche in questa canzone si ripete tante volte “Nun ade ade ade”, cioè “addio”. Il motivo per cui ci si allontana dal paese natio è diverso da persona a persona, ma in ogni caso c’è sempre un senso di tristezza!”

  1. Il Congiuntivo ha un ruolo distintivo che si usa per eventi che non sono reali.

“Questa è una canzone premiata al Festival di Sanremo del 2018. Il titolo è “Il congiuntivo”, e nella canzone un ragazzo che non sa usare grammaticalmente il congiuntivo, viene preso per stupido dalla ragazza con cui si frequenta, e così si mette a studiarlo con grande forza di volontà. Se guardi il DVD è molto interessante da far venire da ridere!”
“Se si studia l’italiano i tempi verbali sono così difficile che ti viene da odiarlo, e quando arriva il congiuntivo viene voglia di smettere di studiarlo! Per questo questa canzone è stata scritta per gli stranieri che stanno studiando l’italiano, no?”
“Niente affatto! Il congiuntivo è difficile anche per gli italiani, e sono pochi quelli che lo sanno usare correttamente. Per questo hanno scritto questa canzone. In verità in passato nell’italiano non c’era il congiuntivo!”
“Allora, ora studiamo il congiuntivo!
Il congiuntivo ha un ruolo distintivo  che si usa per eventi che non sono reali
 che io sia → presente,  che io fossi → imperfetto
 che io sia stato → passato,  che fossi stato → trapassato
 che io abbia → presente,  che io avessi → imperfetto
 che abbia avuto → passato,  che avessi avuto → trapassato

Ah, ora basta! Non potrò mai memorizzarlo!