La parità dei sessi
La volta scorsa ho scritto del fatto che il Giappone occupa la posizione 105 su 136 Paesi in una classifica relativa alla discriminazione delle donne rispetto agli uomini, pubblicata durante il Forum Mondiale dell’Economia (WEF) col titolo “Relazione del 2013 sulla differenza tra uomini e donne a livello internazionale”.
In verità c’è una classifica in cui il Giappone occupa una posizione ancora più bassa.
Secondo una ricerca svolta dalla IPU (Unione Inter-parlamentare) e resa nota nel marzo del 2013, calcolando la percentuale di donne nei Parlamenti relativamente al 2012 (nei casi di un sistema a due camere si considera la camera più bassa), il Giappone occupa la 159a posizione su188 Paesi.
Proviamo a vedere questa classifica pubblicando tra parentesi la percentuale delle parlamentari donne. Poichè la IPU non faceva calare di posizione i Paesi che avevano una percentuale uguale, ho cambiato questa cosa.
Le prime dieci posizioni sono le seguenti: 1° Ruanda (56,3%), 2° Andorra (50,0%), 3° Cuba (45,2%), 4° Svezia (44,7%), 5° Seichelle (43,8%), 6° Senegal (42,7%), 7° Finlandia (42,5%), 8° Sud Africa (42,3%), 9° Nicaragua (40,2%), 10° Islanda (39,7%).
Continuando abbiamo all’11° posto la Norvegia (39,6%), al 12° il Mozambico (39,2%), al 13° la Danimarca (39,1%), al 14° l’Equador (38,7%), al 15° l’Olanda (38,7%), al 16° il Costarica (38,6%), e per i Paesi degni di nota abbiamo al 21° posto la Spagna (36,0%), al 29° la Germania (32,9%), al 34° l’Italia (31,4%), al 44° la Francia (26,9%), al 64° la Cina (23,4%), al 68° l’Inghilterra (22,5%), all’83° il Pakistan (20,7%), al 97° l’America (17,8%), al 124° la Federazione Russa (13,6%), e infine il Giappone al 159° posto (8,1%). La media mondiale è del 20,3%.
Secondo la IPU il motivo per cui negli ultimi anni nei Paesi che si trovano nelle prime posizioni, come il Ruanda, sono aumentate le donne parlamentari, è da ricercare nel sistema delle quote introdotto di recente.
La camera bassa del Ruanda, che si trova in prima posizione, ha 80 seggi, dei quali 45 sono occupati da donne. Tuttavia di questi 80 seggi 24 sono riservati alle donne, e altri 3 sono riservati ai portatori di handicap. Quindi sottraendo 24 seggi ai 45, sono 21 i seggi che le donne hanno ottenuto disputandosela alla pari con gli uomini. In pratica, togliendo le due categorie di seggi riservati, rimangono 53 seggi, e quindi anche se non ci fossero state le quote le donne avrebbero comunque ottenuto alle elezioni 21 seggi su 53, ovvero il 39,6%. Questa è una cosa stupenda.
Ora, secondo questa classifica, è stato calcolato che nella Camera dei Rappresentanti (la Camera bassa giapponese) su 480 parlamentari ci sono 39 donne, ma da quanto riportato sul “libro bianco della partecipazione congiunta di uomini e donne” pubblicato dalla Presidenza del Consiglio, nel dicembre del 2012 le parlamentari donne erano 38, la percentuale diventa del 7,9%. Di conseguenza, con il 7,9% il Nicaragua sale al 160° posto, e il Giappone ne condivide la posizione al 159°.
A proposito, nell’articolo precedente in cui presentavo la classifica della disparità sessuale pubblicata dal Forum Mondiale dell’Economia, il Giappone occupava il 105° posto nella classifica generale, ma in quella relativa all’influenza politica occupava il 118° posto.
Nella stessa classifica del 2012 il Giappone occupava il 111° posto, ma dopo le ultime elezioni dell’anno scorso, in cui il numero delle parlamentari donne è diminuito, è caduto al 118° posto.
Il 16 dicembre del 2012 ci sono state le elezioni per la Camera dei Rappresentanti. Come tutti sapete, il Partito Democratico che nel 2009 aveva vinto le elezioni generali diventando il primo partito del Paese, è stato sonoramente sconfitto dal Partito Liberal Popolare che ha stravinto quelle elezioni. In quelle elezioni le donne in Parlamento sono diminuite di 16 elementi, passando da 54 a 38. Nel Partito Democratico le donne parlamentari erano relativamente tante in proporzione, ma il Partito Liberal Popolare non aveva in mente di aumentarne il numero. È cosi che diventa importante capire quale è il Partito che vuole portare avanti una politica di eliminazione della discriminazione delle donne.
Inoltre, nella Camera dei Rappresentanti ci sono 480 seggi, ma di questi per 300 c’è il limite di un parlamentare per ogni circoscrizione elettorale di piccole dimensioni. I restanti 180 seggi sono ripartiti in 11 circoscrizioni suddivise in modo da coprire in blocchi tutto il Paese. Se si guarda la percentuale delle donne dai risultati delle elezioni generali del dicembre dell’anno scorso, nelle circoscrizioni elettorali piccole su 300 seggi quelli assegnati alle donne sono 20 (6,6%), mentre nelle grandi circoscrizioni su 180 parlamentari le donne sono 18 (10%). In questo modo, a seconda del sistema elettorale che si adotta, può cambiare facilmente la percentuale delle donne in Parlamento.
Attualmente il Partito Liberal Popolare sta proponendo di diminuire ulteriormente il già esiguo numero di 180 seggi parlamentari assegnati alle grandi circoscrizioni. Se ciò diventasse realtà, per lo stato delle cose nel Giappone odierno, il numero delle donne in Parlamento è destinato a diminuire ancora di più, facendo scendere ulteriormente il Giappone nelle classifiche.
A proposito, il Presidente Abe, nella prima pagina del sito web della residenza ufficiale del Primo Ministro, ha reso pubblica la linea politica di andare “verso un Giappone in cui brillino le donne”, ma le linee base sono solo quattro: “eliminare il periodo di attesa per l`assistenza sociale per l`allevamento di un bambino”, “aumento delle donne nei posti dirigenziali e manageriali”, “sostegno per il ritorno al proprio posto di lavoro e al reimpiego”, “sostegno ai progetti per l’allevamento dei figli”. Non c’è per niente una visione che preveda un aumento del numero di parlamentari donne, o un aumento della loro influenza politica.
La classifica citata in questo articolo può essere trovata su internet da chiunque lo desideri.
Avvocato Atsumi Reiko
Traduzione di Diego Lasio